In Rete ci sono articoli diffamatori sul mio conto, puoi rimuoverli?
È questa la domanda che i clienti fanno più spesso a Marco Aurelio: dal 2012 si occupa infatti di “reputazione digitale” e aiuta imprenditori, professionisti e privati cittadini a far valere i propri diritti online.
Capita spesso, per esempio, che i giornali parlino di qualcuno quando viene indagato, ma che non siano altrettanto zelanti se, successivamente, questa stessa persona viene dichiarata innocente.
A differenza di quanto avviene nei giornali cartacei, però, le notizie online rimangono indicizzate nei motori di ricerca e possono rivelarsi pericolose mine vaganti in grado di colpire a sorpresa sia la sfera professionale sia quella privata di chiunque.
Il bersaglio di una situazione del genere è solitamente alla ricerca di un sistema o di un professionista che possa rimuovere i contenuti diffamatori. Quando il chatbot si apre con la domanda “Quali contenuti vuoi rimuovere?”, quindi, le probabilità di ingaggio sono subito molto alte.
In questo caso specifico vorrei però porre l’attenzione su due criticità importanti che Marco si trova a fronteggiare: non tutti i contenuti possono essere rimossi e molti dei clienti che atterrano sul suo sito non hanno le caratteristiche per usufruire dei suoi servizi.
Come può assisterli ugualmente evitando di investire tempo che non ci sarà retribuito e, parallelamente, identificare chi tra loro ha le caratteristiche per diventare cliente? Con un chatbot!
In un’epoca satura di pubblicità e tentate vendite a ogni angolo, è fondamentale riuscire a sfruttare le rare occasioni in cui i nostri potenziali clienti scelgono di prestarci la loro attenzione.
Ecco perché, soprattutto se siamo una piccola impresa sprovvista di un reparto commerciale, i sistemi automatici di conversazione diventano una risorsa straordinaria per offrire un’esperienza di navigazione migliore all’utente e al tempo stesso risparmiare tempo, filtrando i potenziali clienti adatti al nostro servizio dal totale delle visite al sito.
Ma esistono punti a sfavore di questo tipo di bot?
Credo dipenda sempre dai fini e dalle modalità con cui sono progettati. In linea di massima, però, possiamo identificare dei punti critici nella leva e nel momento in cui si raccoglie l’e-mail.
Se utilizziamo delle domande molto forti per stimolare l’ingaggio, per esempio, rileveremo sicuramente un aumento del numero di contatti ma anche una riduzione della loro qualità media. La buona notizia è che fare modifiche e cambiare l’ordine dei blocchi è un’operazione veramente veloce e alla portata di tutti.
Per lo sviluppo di alcuni segmenti tattici sono fondamentali le competenze verticali.
In questo caso, però, un copywriter ha la straordinaria possibilità di ragionare in autonomia sui singoli blocchi del bot, arrivando a un’estrema coerenza tra funzioni del bot e messaggio.
Le strade percorribili diventano quindi due: accettare lead di qualità inferiore, magari per processarli e formarli attraverso un ciclo specifico di newsletter, oppure alzare la qualità dei contatti raccolti chiedendo dati e aggiungendo barriere in entrata. Ecco perché in alcuni casi il bot viene pubblicato addirittura nella pagina di ringraziamento: si sfrutta la coerenza dell’utente già convertito e gli si chiedono altre informazioni per capire se può essere in linea con i servizi proposti.